L’articolo più “antico” che ho trovato in internet su Cioran è stato pubblicato a fine del 1979 da La Stampa e scritto da Guido Ceronetti.
Cioran qui è considerato autore pressoché “ignoto” e dal “viso buono” (?!).
L’articolo affronta in particolare il pensiero di Cioran sulla Russia; pensiero che svilupperà successivamente in “Storia e utopia”.
LA STAMPA Anno 113 – Numero 286 – Domenica 16 Dicembre 1979
L’INCONTRO COL FILOSOFO: PARLANDO DEL FUTURO DELL’EUROPA
CIORAN, MISANTROPO APPASSIONATO
PARIGI — Ecco i pensieri che mi piacciono: L’uomo fa la storia; a sua volta ne è disfatto. Ne è l’autore e l’oggetto, l’agente e la vittima.
Ha creduto fin qui di dominarla; ora sa che gli sfugge, che si sfoga nell’insolubile e nell’intollerabile: un’epopea demente, il cui punto d’arrivo non implica nessuna idea di finalità.
Pare uno Schopenauer [il refuso è nell’originale] ritrovato. E’ di Cioran.
Cioran per quasi tutti, da noi è un ignoto.
Ebbe qualche anno fa una disavventura editoriale italiana; Adelphi, prossimamente, ne pubblicherà qualcosa [il primo libro pubblicato sarà “Squartamento”, seguito l’anno successivo da “Storia e utopia”].
Io leggo da una decina d’anni i suoi piccoli, violenti librini di aforismi editi da Gallimard, veri rasoi a mano lìbera da usare con precauzione, e ora l’ho incontrato a Parigi, tra le mansarde dell’Odèon e questo è il risultato, sui miei appunti, della nostra conversazione.
Allora, chi è Cioran?
Un puro filosofo, un filosofo senza patria; rumeno di nascita, sessantottanni…
Un uomo che cerca appassionatamente la verità e ne è cercato: e ne trova di dure, di immangiabili e strane.
Il suo viso è buono, la sua parola parlata ha il movimento nobilmente affannato degli spiriti che la verità tafaneggia sempre, togliendogli il sonno e quasi il respiro.
C’è un tema che so piacergli e che occupa e ossessiona anche me: la Russia. Dunque, la Russia prima di tutto.
– Il regime sovietico — dice Cioran — è dei più marci, ma la Russia è vitale; la sua paura, sana, fisiologica, della Cina, lo prova. Da sempre la Russia ha paura della Cina. Soloviev, nel 1890, a Parigi, davanti a un pubblico scarso e indifferente, disse: «Il pericolo mortale per la Russia viene di là, dall’Estremo Oriente».
L’ideologia non c’entra. Comunisti e anticomunisti, in Russia, sono tutti d’accordo sul pericolo cinese. Si sentono spiati da quei due miliardi di piccoli occhi.
Non è neppure una questione militare: se ne infischia, la Russia, del militarismo cinese.
Quel che la morde è il presagio che la fine, per il suo impero mondiale, debba venire di là.
L’Europa cadrà invece, molto probabilmente, sotto egemonia russa senza che ci sia occupazione: la Russia regolerà il nostro destino per telefono.
E se dovesse esserci occupazione il soldato russo non avrebbe i pudori del soldato europeo, troppo evoluto e stanco per aver voglia di occupare territori.
Il soldato russo viaggia volentieri, occupa terre con piacere.
Per lui esiste ancora l’avventura.
La libertà, nelle democrazie, tocca adesso il massimo grado di distruttività.
Questa nostra libertà lusinga infinitamente il lato demoniaco dell’uomo. E’ un principio etico satanico.
Senza libertà una vera vita è inconcepibile: ma la libertà, priva di limiti legali, e specialmente di limiti non scritti, è pura distruzione.
L’Inghilterra ha tenuto per secoli grazie a una libertà frenata dalla forza oscura degli interdetti, dei pregiudizi, dei tabù.
Dopo l’epoca vittoriana il Pregiudizio è saltato… Cosi, a poco a poco, anche l’Inghilterra è scesa con noi nel cerchio infernale della libertà distruttiva.
Ma la Russia è indenne, ignora il terribile potere di autodistruzione insito nella libertà.
Un visionario russo, che amo quanto Dostoevskij, Ciadaev, vedeva nella Russia un immenso deserto, una desolazione spirituale e materiale illimitata, il Nihil.
Le sue “Lettere Filosofiche” lo fecero dichiarare pazzo e mettere in domicilio coatto, fu il primo dissidente dichiarato ufficialmente pazzo.
Ciadaev odiava la Russia con una forza tremenda, disperata… Ma la sua non è una visione di morte, di fine… il pianto, il furore di Ciadaev è un segno di vitalità potente, che cerca sfogo.
Al destino della Russia, alla smisuratezza del suo ruolo storico, io ho creduto sempre; ho amato, più di ogni altra, la sua letteratura…
Per contro l’Europa non ha che un pensiero: uscire dalla storia, non contare più niente, dedicarsi esclusivamente alla liturgia delle vacanze, al culto delle ferie e del salario, alla religione del week-end e delle autostrade della morte. L’America ha avuto il Watergate… Un grande paese, con responsabilità mondiali, che si occupa per un anno di Watergate, è idiota, di una spaventosa idiozia.
I sovietici guardavano stupefatti, rapiti; da allora, la Russia si è messa a fare il suo gioco in modo più scoperto, più sfrontato. Rispetta solo la Cina, perché ne ha paura… L’Europa no, certo: la vede come un vuoto da riempire.
Tutti quelli che vengono dall’Est sentono che qualcosa è nell’aria, che l’Europa è un paese vinto, che è smantellata di fronte alla Russia.
Su Israele, Israele-Stato, la città assediata Cioran preferisce tacere.
Ne parla con riluttanza, con sforzo, ha orrore di quel che, nella sua solitudine, ne intravede. Dice:
— Israele è oggi la nazione più coraggiosa che esista al mondo. Ma il suo destino è tragico, e non è bene parlarne. La gente non vuole, gli si fa del male senza frutto… Basta guardare una carta: che cos’è Israele là in mezzo? Un punto, in un continente di nemici.
Se Israele ha paura non è certo questa una paura borghese, di perdere qualcosa: è la più elementare di tutte, la paura di perdere l’essere, di essere sradicati dalla vita, la paura dell’Israele biblico, dei profeti. E ha paura della Russia, che è il polo di attrazione, il punto di coagulo, la speranza di tutti i nemici di Israele.
Del resto, quando si ha alle spalle Geremia, è difficile essere ottimisti… Soloviev, quando era sul letto di morte, disse questo: «Prima di morire voglio pregare per gli ebrei, a causa delle tremende sofferenze che li attendono- Allora, in tutte le sinagoghe della Russia, i rabbini ordinarono preghiere per Soloviev, profeta russo.
La conversazione si sposta sul Papa. — Il Papa? Come tutti i polacchi è privo di genio politico. Possiede una grande forza interiore, ma crede di poter dominare le cose, invece s’invischia, s’impantana, va incontro a una serie di scacchi.. Dopo il viaggio trionfale in Polonia avrebbe dovuto rinunciare a viaggiare… Il cattolicesimo è morto, spiritualmente morto.
Nei suoi carnets Montesquieu aveva previsto il futuro delle chiese cristiane: «Il cattolicesimo diventerà protestantesimo, il protestantesimo diventerà ateismo: — Il 24 novembre 1929 moriva, nella sua casa di rue Franklin Georges Clemenceau, personaggio che m’interessa molto.
Il cinquantenario alza le trombe del Lazzaro vieni fuori, anche per lui; ma vale la pena occuparsi di Clemenceau anche a quarantanove e a cinquantunanni dalla morte.
Chiedo a Cioran un giudizio su quest’uomo straordinario. — Ah Clemenceau! Ho perdutamente ammirato quell’uomo! L’ho idolatrato! E’ stato l’ultimo grande Francese! Ma oggi il mio giudizio su di lui è profondamente negativo.
Per salvare la Francia mobilitò l’universo, e la sua guerra a oltranza, per l’annientamento della Germania, fu catastrofica. Il trattato di Versailles umiliò la Germania senza distruggerla (la Francia non ne aveva la forza); fu l’uovo di Hitler. Creatura di Versailles, si proclamava Hitler… Clemenceau detestava Romain Rolland, ma Rolland vedeva più lontano di lui.
Nel 1916 la Germania avrebbe potuto negoziare la pace; invece Clemenceau voleva la guerra fino alla capitolazione. L’ha avuta, e le conseguenze sono state funeste…
Era accecato dal suo anticattolicesimo. Ha promosso, voluto lo smembramento dell’Austrìa-Ungheria, impero cattolico, che bisognava mantenere ad ogni costo, trasformandolo in una confederazione. Tutti quelli che volevano la confederazione vedevano giusto.
Oggi al posto dell’Austria-Ungheria c’è la Russia.
Clemenceau è stato l’ultimo grande Francese, però con molti limiti…Non ha saputo vedere le conseguenze; l’eccesso del suo odio per la Germania ci ha perduti.
Ma non è contrario all’essenza del pensiero di Cioran, tutto teso a rilevare i paradossi della storia, l’ironia fondamentale dei sogni storici di giustizia e di potenza, la realtà unica della catastrofe e l’impossibilità di prevedere le conseguenze di qualsiasi atto gettato nel subbuglio della storia, rimproverare a un uomo di Stato di non aver saputo prevedere quel che nessuno (o negheremmo ogni fatalità alle catastrofi) può prevedere, e meno ancora impedire, nel corso dell’azione?
Cavour avrebbe potuto prevedere, nel 1860, la triste meridionalizzazione dello Stato italiano ancora da proclamare?
Nel 1917 Clemenceau poteva soltanto fare o non fare la guerra. Scelse di farla. Incarnò la vittoria più difficile, più discutibile della storia.
E’ una figura tragica. Un’ultima parola sull’Europa. sull’Occidente, nel salutarci.
— Russia e inquinamento industriale, degradazione politica e degradazione biologica…
Ci aspetta una fine sordida e lenta, disgustosa… —
Non avere reazioni di paura di fronte alla Russia, al dispiegarsi della sua potenza, è per Cioran un segno di coprifuoco generale, di rinuncia a essere, in un certo senso di morte già avvenuta.
Tastando il polso dell’Europa, il filosofo pessimista scuote la testa, come il medico della peste ateniese.
Tuttavia Europa, di fronte al vuoto russo, è oggi cosa che pensa.
Nell’inferno della libertà illimitata, qualche testa di dannato pensa.
Pensare è vitale, è vincere la morte.
E chi pensa ha paura, ma è anche al di sopra della paura e del destino.
Chi viene di là, dal mondo dove il pensiero è sul letto di Desdemona, trova qui, ancora, qualche finestra illuminata.
Guido Ceronetti
Una perla d’archivio questa Giuseppe. Quando penso a Ceronetti, a Sgalambro, a Verrecchia – per tacere di Emo – il pensiero corre palpitando a Cioran e Caraco. Se costoro avessero inciso al fuoco del francese le loro parole acuminate ne parleremmo con la ammirazione dovuta a dei grandi ingegni. Così, immersi d’italianità, la loro deflagrante riflessione perde esplosività.