Digitando “Cioran” con il motore di ricerca Google si trovano in data odierna 3.980.000 risultati, sicuramente non pochi ma niente in confronto ai 37 milioni di “Nietzsche”, ai 52 milioni di “Freud” o ai 107 milioni di “Marx”.
Tra i primi link da segnalare sicuramente ci sono Wikipedia e Wikiquote che hanno il pregio- tipico della cultura enciclopedica – di esprimere brevemente l’indispensabile, ma il difetto di escludere o di semplificare vita e pensiero del “filosofo, scrittore e saggista rumeno”.
Degni di interesse la bibliografia (che comunque si può trovare anche in questo blog, nella pagina apposita: bibliografia) e alcune note a margine.
Qui di seguito riprendo “liberamente” i brani più significativi di Wikipedia che parlano del pensiero di Cioran:
Pensiero
Filosofia come terapia
Nell’ambito del pensiero filosofico, Cioran si colloca tra quelle figure che esulano dai canoni stabiliti dall’epoca e dai sistemi, e che non fanno parte di nessuna corrente o scuola. Il suo stile è caustico, diretto e profondamente emotivo, poiché egli scrive non per diffondere le proprie idee ad un pubblico, bensì per dissipare la propria sofferenza, derivante da un’insonnia costante che lo conduce sull’orlo del suicidio.
«L’insonnia è una vertiginosa lucidità che riuscirebbe a trasformare il Paradiso stesso in un luogo di tortura. Qualsiasi cosa è preferibile a questo allerta permanente, a questa criminale assenza di oblio. È durante quelle notti infernali che ho capito la futilità della filosofia. Le ore di veglia sono, in sostanza, un’interminabile ripulsa del pensiero attraverso il pensiero, è la coscienza esasperata da se stessa, una dichiarazione di guerra, un infernale ultimatum della mente a se medesima. Camminare vi impedisce di lambiccarvi con interrogativi senza risposta, mentre a letto si rimugina l’insolubile fino alla vertigine.»
La sua può essere definita una forma di letteratura terapeutica, poiché grazie ad essa desiste dall’uccidersi.
Dilaniato da contraddizioni insanabili, il pensiero di colui che si autodefinisce un filosofo urlatore [personalmente non ho mai riscontrato questa definizione, NdR] si manifesta attraverso affermazioni volutamente provocatorie.
Qualsiasi giudizio su questa figura del Novecento deve tener conto che egli ha fatto dello scandalo uno stile di vita [non capisco cosa si intende per “scandalo”, forse all’adesione iniziale alla Guardia di Ferro fasciste di Codreanu?!, NdR] dell’arte un’esplosione di sentimenti e della scrittura una valvola di sfogo prettamente personale
[…]
Disinganno e suicidio
Non c’è dubbio che l’opera di Cioran, pur dispiegandosi in vari libri anche lontani tra loro in ordine di tempo e di argomento, sia pervasa totalmente da uno spirito crudele ma speranzoso come il disinganno.
Crudele perché di fronte ad esso ogni fenomeno mondano sfocia nel fallimento, speranzoso perché niente è più istruttivo, in filosofia, del fallimento stesso.
Gli scritti di Cioran hanno il marchio della vertigine e della lucidità, non sono scritti secondo finalità pedagogiche. E per questo risultano estremi, laconici epitaffi di un’esistenza casuale, priva di senso, permeata dall’amarezza e che solo l’idea di suicidio può rendere dignitosa, in quanto unico atto veramente libero, frutto del libero arbitrio.
[…]
Ironia
L’ironia capace di cogliere l’assurdità della vita salva Cioran e i suoi lettori dal pessimismo e dal nichilismo. L’ironia e l’umorismo che l’accompagna rendono tollerabile l’esistenza che talvolta appare paradossale dandole un nuovo senso razionale da cui ricominciare a vivere senza inganni.
«Non ci sono argomenti che giustifichino il fatto di vivere. Dopo essersi spinti al limite di se stessi si possono ancora invocare argomenti, cause, effetti, considerazioni morali, ecc.? Certamente no. Per vivere non restano allora che ragioni destituite di fondamento. Al culmine della disperazione, solo la passione dell’assurdo può rischiarare di una luce demoniaca il caos. Quando tutti gli ideali correnti – di ordine morale, estetico, religioso, sociale, ecc. -non sanno più imprimere alla vita una direzione né trovarvi una finalità, come salvarla ancora dal nulla? Vi si può riuscire solo aggrappandosi all’assurdo, all’inutilità assoluta, a qualcosa, cioè, che non ha alcuna consistenza, ma la cui finzione può creare un’illusione di vita».»
Mostrare, non spiegare
Il sistema filosofico di Cioran è quello di rinnegare il sistema, le regole, il formalismo accademico: non pretende di spiegare e dimostrare ma solo mostrare cos’è la vita parlando di se stesso come uomo e non dell’astratta umanità.
Vari e apparentemente incompatibili tra loro sono le strade del pensiero che egli percorre:
- la fisiologia mistica (in Lacrime e santi);
- la storia e la filosofia (in Storia e utopia);
- la letteratura (in Esercizi di ammirazione);
- la religione (in Il funesto demiurgo);
ma che conducono tutte ad un unico risultato: il fallimento che segna ogni vita e che le dà senso.
« Soffrire è produrre conoscenza » (E.Cioran – Il funesto demiurgo)
Insonnia e autoanalisi
In Cioran pensiero e vita si sovrappongono spietatamente.
Le notti passate ad occhi aperti hanno influito, come più volte riportato dallo scrittore stesso in quasi tutti i suoi libri, sullo sviluppo e sulla stesura delle opere stesse. Le notti insonni trascorse in letture e in taccuini riempiti forsennatamente hanno costruito e forgiato il pensiero attraverso la noia, eterna compagna, e la lucidità esasperata da una solitudine che proprio nelle ore notturne induce all’autoanalisi.
Un’analisi di se stesso condotta senza risparmiare colpi, mirata a scrutare nei propri abissi e di conseguenza in quelli dell’umanità stessa.
Il tempo
Ed è proprio in questo contesto che entra in gioco un concetto, che sarà minimo comun denominatore, anche se in certe occasioni velato, di tutta la produzione cioraniana: il tempo, nelle sue diverse accezioni, tempo storico e tempo esistenziale.
“Tutti parlano di teorie, di dottrine, di religioni, insomma di astrazioni; nessuno di qualcosa di vivo, di vissuto di diretto. La filosofia e il resto sono attività derivate, astratte nel peggior senso della parola. Qui tutto è esangue. Il tempo si converte in temporalità, ecc. Un ammasso di sottoprodotti. D’altro canto gli uomini non cercano più il senso della vita partendo dalle loro esperienze, ma muovendo dai dati della storia o di qualche religione. Se in me non c’è niente che mi spinga a parlare del dolore o del nulla, perché perdere tempo a studiare il buddismo? Bisogna cercare tutto in se stessi, e se non si trova ciò che si cerca, ebbene, si deve lasciar perdere. Quello che mi interessa è la mia vita. Per quanti libri sfogli, non trovo niente di diretto, di assoluto, di insostituibile. Dappertutto è il solito vaniloquio filosofico.” (Da Quaderni 1957-1972, di Cioran)